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(Stralcio da: La cosiddetta Sip parallela, pubbl.supra sotto Stragi e strategie autoritarie)

Il giorno 15 marzo 1978, il giorno prima del rapimento dell'on. Moro, la struttura della Sip fu posta in stato di allarme. La spiegazione della utilità della Sip durante i cinquantacinque giorni del sequestro di Moro è data dalle disposizioni di Infelisi, di Spinella e dell'ing. Aragona. Il comportamento della Sip, durane il sequestro e la prigionia di Moro, secondo le dichiarazioni del magistrato e dell'allora capo della Digos furono di totale non collaborazione, non un solo telefonista fu bloccato a seguito del blocco della conversazione che consente di risalire rapidamente al chiamante. Spinella giunge ad affermare che fece due segnalazioni all'autorità giudiziaria e che la Sip doveva essere denunciata. Si badi che Spinella non fa riferimento a comportamenti di alcuni, ma si riferisce all'atteggiamento dell'azienda nei confronti degli inquirenti. La non collaborazione della Sip fu quindi funzionale agli interessi dei sequestratori di Moro. Spinella rappresenta anche la divaricazione tra l'estrema efficienza della Sip nell'operazione che condusse all'arresto di Viscardi e la non collaborazione, per non dire sabotaggio, della Sip durante il sequestro Moro, giungendo ad affermare che gli sviluppi della vicenda Moro sarebbero stati completamente diversi se non ci fosse stato l'atteggiamento negativo della Sip.

Ricapitoliamo per ordine. Infelisi giunge in via Fani, accerta un black-out telefonico, fa giungere immediatamente una squadra di tecnici della Sip che lo confermano. La Sip nega per ben due volte tutto ciò. Osserviamo che l'interruzione telefonica ha una importanza notevole per i rapitori. Infatti qualche persona della zona, attirata dal rumore degli spari, avrebbe potuto affacciarsi sul luogo del delitto e segnalare telefonicamente agli organi di polizia fatti e circostanze. La struttura aveva sicuramente predisposto le modalità dell'attuazione del black-out. Il 4 aprile 1978 la polizia è in attesa di una telefonata alla redazione del Messaggero da parte dei rapitori, che fanno trovare una lettera dello statista. La polizia predispone la derivazione delle sei linee del giornale con cavo di raccordo presso un suo locale per individuare la provenienza della telefonata per giungere a bloccare il telefonista. La telefonata arriva, ma la Digos nulla può fare perché tutte e sei le derivazioni sono interrotte. La Sip addurrà motivazioni a dir poco risibili. Oltre a questi, altri episodi sono elencati dal dott. Spinella. La lettura dell'audizione dell'ing. Aragona della Sip, inviato dall'azienda quale suo rappresentante, dimostra quanto sia difficile, a fronte di contestazioni ben precise, mentire.

Anche Aragona è pieno di "dubbi" e "incertezze". Il senatore Flamigni, anche con termini non del tutto esatti, lo interroga poi sull'esistenza di una struttura segreta esistente in Sip, allertata (anche se il senatore non spiega bene) il 15 marzo. Aragona balbetta, nega, poi ammette parzialmente. Smentirà tutto, per ordini superiori, con la risposta scritta.

Paese Sera, nel luglio 1984, pubblicò un articolo dove si faceva riferimento alla scarsa collaborazione della Sip durante il rapimento Moro. Il comunicato di risposta della Sip cerca ancora di far passare l'esistenza di una struttura preposta alla protezione degli impianti. In occasione della presentazione del governo presieduto dall'on. De Mita, l'on. Capanna, nell'aprile del 1988, nel suo discorso dinanzi alla affollata assemblea di Montecitorio che stupita ascoltava, fece presente l'esistenza della struttura Sip e dell'allertamento del 15 marzo. Nessuno reagì, nessuno rispose.