Informazione e oblio: una vittoria della Fondazione
Tutti gli operatori dell’informazione ed i suoi destinatari più consapevoli sanno che viviamo in tempi duri. Fra gli ostacoli frapposti vi è ormai anche una legislazione caotica ed ambigua, formatasi nell’ultimo decennio, culminata nel ddl governativo – passato alla Camera, nei giorni in cui si scrive questa nota, con 7 timide astensioni e nessun voto contrario - che pone restrizioni alla pubblicazione, anche per sintesi, degli atti giudiziari ed in particolar modo delle intercettazioni, fonte pregiata tanto per la cronaca che per la trattazione storica.
La normativa sulla privacy - la cui triste paternità spetta al governo D’Alema ed integrata con peggioramenti nella successiva legislatura - lungi dal proteggere le persone dallo spionaggio come dall’intrusione nella sfera autenticamente privata o dall’invasione pubblicitaria, si è risolta, per la sua intrinseca ambiguità e per l’arroganza dell’oligarchia che ci governa, in un altro mattone sulla libera informazione. Un brutto risultato è stata l’emersione di un preteso ‘diritto all’oblio’ che risulta assai comodo per tanti componenti dell’estabilishment, nonché per la criminalità organizzata: un suo consolidamento semplicemente svuoterebbe l’informazione ed ancor più la trattazione storica, tranne quella di regime.
Gli argini al segnalato decadimento sono stati una buona parte degli operatori della stessa informazione ed una giurisprudenza che fortunatamente, finora, ha circoscritto la riservatezza e la pretesa all’oblio in termini piuttosto ragionevoli. A questa si sta recentemente affiancando un conforme orientamento del Garante della privacy che, se consolidato, può irrobustire l’argine.
Desideriamo condividere con i lettori la piccola vittoria su questo fronte conseguita dalla Fondazione che, destinataria di una richiesta di cancellazione di una notizia, scarna quanto veritiera (richiesta esposta in termini piuttosto arroganti da tale avvocato Raffaele Zallone in nome e per conto di un ‘Vip’), ha deciso di resistere, prima alla richiesta e poi al ricorso, perché siamo refrattari alla sottomissione e per non creare un precedente pericoloso.
La pubblicazione risponde a due motivi. Il primo riguarda le migliaia di persone citate in questo sito, particolarmente nella “Storia d’Italia dal 1943 ecc.”, con l’invito, per chi non è eventualmente soddisfatto della citazione, a non gettare energie e denaro in controversie probabilmente perdenti (perché stiamo attenti a fornire informazione veritiera ed utile) ma piuttosto a segnalarci dettagli o incompletezze, con l’ovvia esclusione di richieste di censura cui non aderiremmo affatto. Il secondo motivo è fornire un’utilità ai siti di informazione libera, destinatari di fastidi analoghi a quello che abbiamo subito; e, a questo scopo, affianchiamo la recente decisione del Garante che ci riguarda ad un ampio stralcio della memoria difensiva redatta dagli avvocati cremonesi Isabella e Arabella Cantalupo, contenente argomentazioni giuridiche e citazioni utili allo scopo. (Aprile 2007)
(Omettere
le generalità dell’interessato in caso di pubblicazione)
Nella
riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del
dott. Giuseppe Chiaravallotti, vicepresidente, del dott. Mauro Paissan e del
dott. Giuseppe Fortunato, componenti, e del dott. Giovanni Buttarelli,
segretario generale;
VISTE
le istanze ex art.7 del Codice in materia di protezione /dei dati/ personali
(d.lg.30 giugno 2003, n.196) del 2 e 21 febbraio 2006, con le quali XY (generalità
omesse per disposizione del Garante NdR) ha chiesto alla Fondazione
Cipriani di ottenere la trasformazione in forma anonima dei dati personali che
la riguardano contenuti nella notizia riportata sul sito Internet www.fondazionecipriani.it
e relativi al rinvio a giudizio
disposto nei suoi confronti nel 2002 dal giudice per le indagini preliminari di
Lucca in relazione ad un reato per il quale l’interessata è stata
successivamente assolta (si tratta, in particolare, del reato di corruzione
contestato anche, nell’ambito della medesima indagine, al coniuge di un
personaggio politico); rilevato che, a parere della ricorrente, “la
continua presenza di tali informazioni, anche alla luce dell’intervenuta
sentenza assolutoria del Tribunale di Lucca, reca grave pregiudizio” e che
la pubblicazione non risponderebbe ai requisiti di attualità, essenzialità ed
interesse pubblico, posto che risale al 2002 e sarebbe “relativa
ad una persona priva di qualsiasi notorietà”;
VISTE
le note di risposta datate 8 e 27 febbraio 2006, con le quali la Fondazione ha
risposto di avere aggiunto alle notizie già presenti sul sito quella relativa
all’avvenuta assoluzione, e di ritenere di non dover dare corso alla richiesta
di cancellazione del nominativo della ricorrente, dal momento che la notizia è
resa in modo essenziale, nell’ambito di una “trattazione storica” (che, in quanto tale, “non richiede attualità”) e che l’interesse pubblico della
stessa consisterebbe “nelle liaisons tra
mondo politico ed economico e nei modi, anche giudiziari, della loro emersione”;
VISTO
il ricorso pervenuto al Garante l’8 maggio 2006, presentato da XY
(rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaele Zallone e Giuseppe de Liguori)
nei confronti della Fondazione Cipriani, in qualità di titolare del trattamento
effettuato tramite il sito Internet www.fondazionecipriani.it, con il quale la
ricorrente, richiamando anche il cd “diritto all’oblio”, ha ribadito la
richiesta di anonimizzare i dati personali che la riguardano contenuti nella
notizia del proprio rinvio a giudizio inserita nella “Storia d’Italia dal
1943 …” disponibile sul sito della resistente (anche solo mediante la
sostituzione del proprio nome e cognome con l’espressione “immobiliarista
milanese”) rilevando che la perdurante diffusione a mezzo Internet della
stessa non sarebbe giustificata stante il tempo trascorso e la non notorietà
“al grande pubblico” della ricorrente; rilevato che, in subordine, la
ricorrente ha chiesto al Garante di ordinare l’adozione di tutte “le funzioni tecniche adeguate che permettano la non visibilità della
pagina (…) dai comuni motori di ricerca” e che comunque venga inserito
nel webmaster del sito in questione un comando che impedisca la creazione di
copie cache da parte del sito www.google.it” e che le spese del procedimento siano poste
a carico della resistente;
VISTI
gli ulteriori atti d’ufficio e, in particolare, la nota del 10 maggio 2006 con
la quale questa Autorità, ai sensi dell’art.149, comma 1, del Codice ha
invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste
dell’interessata, nonché l’ulteriore nota del 27 giugno 2006 con cui, ai
sensi dell’art.149, comma 7, del Codice, è stato prorogato il termine per la
decisione sul ricorso;
VISTA
la nota datata 31 maggio 2006 e la memoria inoltrata in data 5 giugno 2006 con
le quali la resistente (rappresentata e difesa dagli avv.ti Isabella e Arabella
Cantalupo) ha ribadito di non essere disposta a dar corso alla richiesta di
anonimizzare i dati della ricorrente, ha dichiarato di svolgere un’attività
“di carattere unicamente storico-
storiografico” che consisterebbe, in particolare, “nel raccogliere e pubblicare materiale (appunto storico) per documentare
anno per anno – a partire dal 25 luglio 1943 – sia le vicende del nostro
paese riguardanti legami più o meno leciti tra mondo politico ed economico, sia
i modi (anche giudiziari) con i quali detti legami sono emersi” e ha
sostenuto che, in tale contesto, si inserisce la pubblicazione … contenente la
notizia relativa alla ricorrente; rilevato che la resistente ha aggiunto che, in
quanto “cronologia storica degli
accadimenti del nostro paese”, tale opera ha “lo
scopo di documentare gli intrecci, leciti o illeciti, tra mondo politico e mondo
economico indipendentemente dai soggetti noti o ignoti ai più che ne siano
coinvolti” e che dunque la notizia relativa alla ricorrente (peraltro
vera, rilevante e d’interesse pubblico, posta l’attenzione che la vicenda
ebbe a suo tempo e dell’eco ancora presente su diversi siti web) sarebbe stata
effettuata lecitamente e “per ragioni di
cronaca storica”, indipendentemente dalla notorietà della ricorrente
medesima;
RILEVATO
che, con la citata memoria del 5 giugno e con la successiva del 9 giugno 2006,
la resistente ha fatto presente che, se fossero accolte le ragioni della
ricorrente, “nessuna opera storica
potrebbe più contenere i nominativi di coloro che volessero invocare il diritto
all’oblio per loro stessi, per i loro congiunti o avi, con grave nocumento per
la documentazione e la catalogazione degli accadimenti” e che, comunque,
anche la richiesta di non consentire la visibilità o di rimuovere la pagina
rintracciabile con motore di ricerca non può essere soddisfatta, dal momento
che “l’inserimento del comando” richiamato dalla ricorrente “non
consentirebbe la visualizzazione dell’intera opera con notevole danno per la
Fondazione”;
VISTA
la memoria presentata dalla ricorrente in occasione dell’audizione del 13
giugno 2006, nonché le dichiarazioni rese in tale sede, con le quali la stessa
ha ribadito le proprie richieste facendo presente che diversi altri editori
hanno aderito ad istanze del medesimo tipo;
RILEVATO
che, ai sensi dell’art.7, comma 3, lett.b)
del Codice, ogni interessato ha diritto a chiedere la cancellazione o la
trasformazione in forma anonima dei dati personali che lo riguardano qualora gli
stessi siano trattati in violazione di legge, ovvero nel caso in cui la loro
conservazione non sia necessaria in relazione agli scopi per i quali sono stati
raccolti o successivamente trattati;
RILEVATO
che, al fine di contemperare i diritti della persona (in particolare il diritto
alla riservatezza) con il diritto all’informazione e, più in generale, con la
libertà di manifestazione del pensiero (cfr.artt.136 e s.), cui la libertà di
ricerca, di cronaca e di critica storica si connettono (cfr. al riguardo e con
specifico riferimento alla disciplina in materia di dati personali, art. 102,
comma 2, lett. a) del Codice, nonché
art. 11, comma 1, codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di
dati personali per scopi storici, pubblicato in G.U. 5 aprile 2001, n.80), il
Codice prevede specifiche garanzie e cautele nel caso di trattamenti di dati
personali effettuati per tali finalità, riconoscendo la loro liceità, anche
senza il consenso degli interessati, purché si svolgano nel rispetto del
diritto alla riservatezza, del diritto all’identità personale e della dignità
degli interessati medesimi;
RILEVATO
che, nel caso in esame, la notizia relativa al rinvio a giudizio
dell’interessata, nota immobiliarista milanese, unitamente a personaggi
maggiormente noti e legati al mondo della politica, è esposta in modo
essenziale ed appare pertinente allo scopo della ricerca pubblicata sul sito
della Fondazione resistente (volta, in armonia con quanto previsto nello statuto
della fondazione medesima, /anche/ a dimostrare i legami tra mondo economico e
politico in Italia dal secondo dopoguerra), anche in ragione della necessità di
preservare l’integrità e la completezza della ricerca svolta;
RILEVATO
che la notizia in questione risulta, peraltro, quale fatto vero non contestato
dalle parti e che la stessa, a seguito dell’istanza ai sensi dell’art.7 del
Codice, è stata integrata con la notizia dell’avvenuta assoluzione della
ricorrente in modo tale da dare un quadro essenziale, ma completo della vicenda
giudiziaria storicamente occorsa alla medesima;
RITENUTO,
pertanto, di dover dichiarare infondata, per le ragioni sopra esposte, la
richiesta principale della ricorrente volta ad ottenere la trasformazione in
forma anonima dei dati personali che la riguardano contenuti nella notizia
riportata sul sito della fondazione resistente;
RILEVATO
che vanno separatamente considerati i motivi legittimi di opposizione al
trattamenti proposti dall’interessata, la quale ha legittimamente
rappresentato la propria aspirazione a non veder più ricordata in rete –
senza limiti temporali e tramite la rilevazione effettuata dai motori di ricerca
esterni al sito della fondazione resistente – la vicenda dell’imputazione a
suo carico. Ciò con particolare riferimento all’acquisizione di dati che la
riguardano da parte di quelle persone che effettuano ricerche in rete non a fini
di ricerca storica (consultando legittimamente a tal fine il sito della
Fondazione) ma al solo fine di acquisire informazioni in ordine all’attività
professionale dell’interessata;
RILEVATO
che, allo stato, tale richiesta, avanzata in via subordinata dalla ricorrente,
deve parimenti ritenersi infondata. Ciò tenuto conto del breve lasso temporale
intercorso (la conclusione della vicenda è intervenuta nel 2004) che rende
quindi la stessa ancora attuale, anche in relazione alle connessioni intercorse
con fatti e personaggi noti oggetto di ancora attuale interesse giornalistico;
RITENUTO
che sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti;
VISTI
gli artt.145 e s. del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg
30 giugno 2003 n.196);
VISTE
le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi
dell’art.15 del regolamento del Garante n.1/2000.
RELATORE
il dott. Mauro Paissan
a)
dichiara infondato il ricorso;
b)
dichiara compensate le spese tra le parti.
Roma, 28 settembre 2006
…Vi
è da premettere che la Fondazione Cipriani ha per scopo statutario “la
promozione di studi e ricerche, con l’obiettivo di sviluppare un’analisi ed
una conoscenza critica della società odierna, considerando l’interazione tra
i meccanismi della produzione, le rendite, i flussi finanziari, l’intervento
dello Stato e delle istituzioni sovranazionali; nonché di esaminare la natura,
le finalità e le logiche di funzionamento dei vari centri di potere che a
livello economico, istituzionale ed extraistituzionale, in modo occulto o
palese, legale ed illegale, agiscono nel paese e a livello internazionale”,
come risulta dall’art.2 dello Statuto (doc. n.1).
Ciò significa, in parole povere, che l’attività
della Fondazione è di carattere unicamente storico- storiografico e consiste,
nel raccogliere e nel pubblicare materiale (appunto storico) per documentare
anno per anno – a partire dal 25 luglio 1943- sia le vicende del nostro paese
riguardanti legami più o meno leciti tra mondo politico ed economico, sia i
modi (anche giudiziari) con i quali detti legami sono emersi.
Nell’ambito di detta sua attività è stata
composta dalla sig.ra Michela Maffezzoni, unitamente ad altro soggetto /Vincenzo
Vinciguerra/, un’opera dal titolo “Oppressione repressione rivolte. Storia
d’Italia dal 1943 ad oggi” avente quale caratteristica quella di essere una
cronologia storica degli accadimenti del nostro paese come sopra configurati. Il
contenuto di detto scritto – riportato nel sito web- è protetto da copyright
e ciò significa quinbdi che esso è protetto dalla legge sul diritto
d’autore, trattandosi di un’opera dell’ingegno ed in particolare di
un’opera storica- storiografica (doc. n.ri 2-4).
E’
così subito smentito l’assunto decisamente generico riportato a pagina 4 del
ricorso ove si legge che “la storia d’Italia redatta dalla fondazione
Cipriani ha come filo conduttore l’elencazione minuziosa dei fatti di maggiore
importanza accaduti nel mondo” (tra l’altro, come indica il titolo stesso
– “Storia d’Italia”- l’opera non tratta di avvenimenti accaduti nel
mondo ma prevalentemente di fatti riguardanti il nostro Paese con i necessari
connessi internazionali). E’ quindi di tutta evidenza come la menzione della
signora XY sia stata effettuata per ragioni di "cronaca storica”
trattandosi di un'opera dell'ingegno ed in particolare di carattere storico-
storiografico, come risulta documentalmente dimostrato.
La
notorietà o meno della signora XY non interessa affatto alla Fondazione
Cipriani la quale, come detto e come è possibile leggere nella prefazione
dell’opera (doc.n.3), nella “Storia d’Italia” ha lo scopo /anche/ di
documentare gli intrecci, leciti o illeciti, tra mondo politico e mondo
economico indipendentemente dai soggetti noti o ignoti ai più che ne siano
coinvolti, tanto è che nella “Cronologia” sono riportati decine di migliaia
di accadimenti e quindi tantissimi nominativi sia di persone conosciute al
pubblico sia di ignote ai più.
Non
si vede pertanto che doglianze possa muovere la ricorrente nei confronti della
Fondazione Cipriani e che danni possano essere derivati alla stessa dalla
pubblicazione (danni che neppure tra l’altro vengono dimostrati), posto che la
notizia riportata sul sito web è semplice (non vi sono inutili particolari),
obiettiva (priva di commenti) e completa (si riporta sì la notizia del rinvio a
giudizio ma anche quella della assoluzione) (doc.n.5 a) e b) ).
Già
solo quindi per tali motivi il ricorso andrà respinto. Ma v’è di più: detto
atto è infondato, oltre che per quanto attiene al merito, anche perché
contraddittorio e smentito dalla documentazione versata dalla stessa parte
ricorrente. Innanzitutto il
richiamo al diritto all’oblio è del tutto inconferente nel caso che qui
occupa e ciò non solo per le ragioni già sopra dette (opera dell’ingegno di
carattere storico- storiografico) ma anche perché vi sono ancora tantissime
pagine web che riportano la notizia
ed il nome della signora XY ; onde
l’ipotetica cancellazione dal sito della Fondazione resistente non sarebbe
rilevante all’attuazione dell’invocato diritto all’oblio /Si omette la elencazione delle web
NdR/ … Inconferenti sono pure i riferimenti al presunto
danneggiamento dell’onore e della reputazione della ricorrente derivato dalla
pubblicazione della notizia che la riguarda. Non è chi non veda che la
Fondazione Cipriani non ha leso alcun diritto della sig.ra XY né arrecato danno
alcuno.
Trattandosi
di opera storica, essa gode, per quanto riguarda la citazione di nomi e di
fatti, di particolari esimenti, come stabilito dalla giurisprudenza la quale
riconosce agli autori l’esercizio dei diritti di manifestazione del pensiero,
di cronaca storica e addirittura di critica storica (cfr. Tribunale di Milano
29/3/99: “un’opera può definirsi
‘libro di storia’, benché pragmatica e divulgativa, in ragione sia del
contenuto della trattazione, avendo ad oggetto la narrazione di un evento
passato, sia del metodo scientifico seguito, considerata la completezza di
raccolta del materiale, l’autorevolezza delle fonti utilizzate (tra le quali
sentenze e provvedimenti giudiziari, atti delle commissioni parlamentari di
inchiesta), sia dello stile di esposizione, non connotata da aspri toni polemici
e da acrimonie personali. Con riguardo a siffatto genere letterario, in presenza
di offesa dell’altrui reputazione, può considerarsi la scriminante del
diritto di cronaca storica”. Cfr. Cass. Pen. Sez V 27/1/89: “In tema di ricerca storica o storiografica, la prova della verità, come
causa di giustificazione, deve essere ancora più rigorosa, e più rigoroso il
controllo delle fonti di prova, non potendosi fare la storia con dubbi o
insinuazioni. Infatti anche nella vera e propria ricerca storica, il diritto di
critica o di manifestazione del pensiero non può sconfinare nell’altrui
denigrazione”; Cfr. Cass. Pen. Se. III 29/9/83: “L’autore di un’opera storiografica può liberamente esprimere un
giudizio anche radicalmente negativo sul personaggio oggetto della sua indagine;
e con quella soggettività che ogni giudizio, anche il più oggettivo, è
ineliminabile, a patto, tuttavia, per un principio di onestà intellettuale,
prima ancora che per un dovere giuridico, di fondare le sue intuizioni su
accadimenti dimostrati e di improntare la narrazione a quella serena compostezza
che, senza escludere la partecipe commozione dell’autore verso fatti e uomini
del passato (e in questi casi la storia può essere anche arte), rivela la
dignità e la responsabilità dell’ufficio dello storico”.
Non
vi è dubbio alcuno che la notizia riportata sul sito della Fondazione
resistente riguardante la signora XY sia vera (non è mai stata smentita
ed è comunque attinta dalla conoscenza dei provvedimenti giudiziari e dai
verbali della commissione d’inchiesta parlamentare per la questione Telekom
Serbia connessa alla vicenda della ricorrente); rilevante e d’interesse
pubblico (sul web è agevole reperire con i comuni motori di ricerca ed
inserendo come stringa il nome della signora XY i verbali stenotipici della
commissione d’inchiesta istituita per l’affare Telekom
Serbia dalle quali è possibile intuire il ruolo della ricorrente nella
vicenda di cui la notizia riportata dalla Fondazione resistente è l’esito
giudiziario. Visto che dal processo di Lucca che vedeva indagata la signora XY
è scaturita un’interrogazione parlamentare e che se ne è occupata
addirittura una Commissione parlamentare d’inchiesta che ha anche sentito la
signora XY - come è dato rilevare dai motori di ricerca qui prodotti- non si può
certo affermare – come fa la ricorrente –che la notizia non fosse di
interesse pubblico), pulita ed essenziale (è brevissima e non è
inficiata da commenti degli autori, anche se ciò sarebbe consentito in forza
del diritto di critica storica).
Si
evidenzia che solo il diritto di “critica storica” (non è il caso che qui
occupa poiché nel riportare la notizia non vi è stata alcuna valutazione) deve
essere esercitato nel rispetto della persona, ma non la mera esposizione di un
fatto noto. Il rispetto nei confronti della signora XY non è comunque mai
venuto meno da parte della Fondazione Cipriani come si può evincere dalla
lettura della pagina web riportante la notizia.
La
giurisprudenza citata dalla ricorrente, oltre che non essere pertinente al caso
che qui occupa, per certi aspetti non fa che avvalorare la bontà delle
argomentazioni svolte nella presente memoria.
Infatti,
proprio la sentenza della Cassazione sezione civile n. 5658 del 9/6/98
menzionata da controparte nella parte motiva fornisce la definizione di
“diritto alla riservatezza” – tanto invocato dalla signora XY- come “tutela
di quelle situazioni e vicende strettamente personali e familiari le
quali…non hanno per i terzi un interesse socialmente apprezzabile” (in
realtà la notizia data dalla Fondazione non era relativa ad una questione
personale, ma ad un procedimento penale per legge “pubblico” e
dell’interesse alla vicenda già si è detto con riferimento alla questione
Telekom Serbia) e riconosce che “il
c.d.bilanciamento tra contrapposti diritti di rango costituzionale opera, in
effetti, nelle singole fattispecie di lesione di uno dei detti diritti, come
accertamento della sussistenza o meno dell’esimente (causa di giustificazione
costituita dal legittimo esercizio dell’altro diritto antagonista) con
conseguente eliminazione dell’antigiuridicità obiettiva del fatto”
(quindi, ammesso e non concesso che vi sia lesione di diritti della ricorrente,
essa viene meno a causa delle esimenti già invocate e cioè diritto alla
manifestazione del pensiero, diritto di cronaca storica e di critica storica).
Le
sentenze di merito citate da controparte sono inconferenti poiché quella del
Tribunale di Milano del 13/4/2000 si riferisce alla pubblicazione del nome di
una persona non coinvolta in un’indagine giudiziaria (cfr. massima: “L’accostamento ad un’indagine giudiziaria, in una pagina di un
quotidiano ad essa interamente dedicata, del nome di una persona, che non vi è
in alcun modo coinvolta, non può ritenersi scriminato dall’esercizio del
diritto di cronaca e ha pertanto carattere diffamatorio”, mentre
ricordiamo che la signora XY era indagata e poi imputata; ed infine quella del
Tribunale di Bologna del 6/2/2003 si riferisce alla pubblicazione di notizie
prive di utilità sociale (cfr. massima: “La
pubblicazione nell’ambito di un articolo di stampa delle genericità di alcuni
individui autori di un fatto di cronaca senza il consenso di questi ultimi,
allorquando tale rivelazione non rivesta alcuna utilità sociale, configura un
fatto illecito lesivo del diritto alla riservatezza degli individui che obbliga
l’autore dell’articolo a risarcire il danno arrecato a questi ultimi”
) (già si è detto dello scopo della Fondazione, dell’opera e delle
caratteristiche della notizia data dalla resistente) /.../
D’altro
canto la pubblicazione della notizia riportata sul sito della Fondazione
(sostanzialmente l’inizio e la fine di un procedimento penale) è consentita
in base agli artt. 51 e 52 D.lg. 30/6/2003 n.196: in base a tali norme è
possibile riportare i dati identificativi delle questioni pendenti avanti
all’autorità giudiziaria nonché le sentenze emesse a meno che
l’interessato – prima dell’emanazione del provvedimento – abbia chiesto
ed ottenuto dal Giudice che il proprio nome sia oscurato in caso di
pubblicazione. Dato che già la notizia dell’arresto aveva avuto ampia eco, la
sig.ra XY avrebbe potuto prevedere che anche la notizia dell’assoluzione
sarebbe stata riportata dagli organi di informazione con nuova divulgazione
della vicenda e quindi chiedere al Gip l’oscuramento del proprio nome in modo
da evitare che la notizia integrale venisse pubblicata. Se non l’ha
fatto in tempo, non può che dolersene con se stessa e non può rivalersi sulla
Fondazione Cipriani che ha agito nel pieno rispetto del proprio statuto sociale
e soprattutto della legge.
Ci si
permette di notare che l’accoglimento del ricorso
comporterebbe gravissime conseguenze: nessuna opera storica potrebbe più
contenere i nominativi di coloro che volessero invocare il diritto all’oblio
per loro stessi, per i loro congiunti o avi, con grave nocumento per la
documentazione e la catalogazione degli accadimenti. La richiesta di
cancellazione o di sostituzione del nominativo della ricorrente dal sito www.fondazionecipriani.it
dovrà dunque essere respinta de plano, così come dovrà essere respinta la
richiesta di non consentire la visibilità o di rimuovere la pagina
rintracciabile con motore di ricerca Google, anche perché da pareri assunti da
tecnici del settore (doc.n.19), essendo il sito della resistente composto da
pagine dinamiche, l’inserimento del comando indicato nel ricorso non
consentirebbe la visualizzazione dell’intera opera con notevole danno per la
fondazione Cipriani /…/
Cremona
31 maggio 2006